I 30 anni della nostra rivista

Luigi Cancrini1


Ecologia della Mente compie 30 anni ma io ricordo come fosse ieri la discussione appassionata sul titolo da dare alla rivista del nostro Centro Studi. Avevamo dato il nome aperto di Esperienze ad un tentativo di rivista precedente, perché avevamo escluso da tempo l’idea, che ci sembrava riduttiva, della terapia famigliare e perché, mentre andavamo avanti, riduttivo ci era sembrato anche l’uso della parola “terapia”. Quella che più ci affascinava allora era la complessità dei sistemi umani, dal più piccolo (la famiglia) al più grande (il mondo degli uomini e delle nazioni). Pensavamo alla terapia, infatti, come ad un riconoscimento e ad una affermazione dei diritti del più debole (la dimensione politica del nostro lavoro quotidiano con le famiglie e i piccoli gruppi) ed alla politica come ad un tentativo di dipanare i nodi e le incongruità comunicative che si determinano fra i popoli o le classi e i loro rappresentanti (la dimensione tecnica che ci sembrava necessaria per l’approccio scientifico alla politica sognato da Marx che aveva parlato di “economia politica”).
Proprio all’interno di queste riflessioni un po’ folli era nato, nel 1972, il nostro primo documento tecnico-politico sulle analogie fra il funzionamento, modificabile con la terapia, dei piccoli sistemi ed il funzionamento, modificabile con la politica, di quelli più grandi ed è per questo motivo che Gregory Bateson fu da subito per tutti noi una figura di supereroe, il Batman che si era occupato di comunicazione fra le nazioni nel tempo di guerra, in cui prioritario era combattere il nazismo, e di comunicazione nel sistema famigliare dello schizofrenico, nel tempo in cui prioritario era dare senso alla insensatezza dei suoi comportamenti sintomatici, e che tutto o tanto sembrava sapere di ecologia e di antropologia, di follie apparenti della fisica o dell’astrofisica e di funzionamento della mente umana. Un uomo o uno scienziato o un filosofo o un ricercatore o un sognatore, insomma, sentito insieme da noi tutti (ed in particolare, nel ricordo che ne ho, da Grazia e Lieta*) come la guida in grado più di chiunque altro di aiutarci nella nostra lotta di conoscenza contro la complessità a tratti irriducibile dei sistemi. Umani e del pianeta per un uomo che è membro comunque del sistema che lo contiene e di cui lui è parte così attiva. Nel bene del progresso e della creatività e nel male dell’avidità e della distruttività. Di cui chi esercita un lavoro come il nostro fa continua, difficile e straordinaria esperienza.
Omaggio a Bateson ed al suo insegnamento, la rivista che oggi compie 30 anni sulle sue tracce costantemente ha cercato di muoversi. Anche se prevalenti sono stati, come era naturale che fosse, i contributi forniti da chi, in prospettiva sistemica, soprattutto di sofferenza umana e di psicoterapia si è occupato. Mantenersi modesti e capaci di capire la limitatezza delle proprie esperienze è fondamentale, infatti, per chi ha un orientamento davvero sistemico e bene sa sempre quanto ciò che vede o crede di vedere è definito dal luogo e dalla prospettiva da cui guarda: orgogliosamente rivendicando, però, l’importanza del contributo che si dà al progresso del pensiero umano proprio nella misura in cui si riconosce, offrendola ad altri, la relatività: della propria esperienza e del proprio punto di vista.